Le città sono tutte uguali. Tornata da ****, è stato il mio primo pensiero, il riassunto di una settimana passata alla ricerca di luoghi che fossero autentici, vibranti, emozionanti, liberi. Al contrario, avevo scoperto una città copiata e incollata, ispirata a una toponomastica che si replica in tutte le grandi e piccole metropoli: Bershka, Subway, Zara, Tiger, McDonald’s. Mi ero fatta un’idea e quell’idea si era sporcata di birra IPA nei pub di tendenza, di musica alta e vuota dentro i negozi di souvenir, di maionese e ketchup negli hamburger dei mercati aperti, di granola e avocado sui menù in carta riciclata per brunch bucolici.
Dove vive la città? Dove respira la città? C’è sempre un ostacolo tra noi e la verità di un luogo, qualcosa che ci tiene distanti dalle imperfezioni e dai coni d’ombra. Passeggiando per le strade di **** mi ero accorta che ogni angolo desolato eppure denso, era quasi sempre protetto o nascosto, come se certi spazi fossero dimensioni parallele di un mondo a cui raramente abbiamo totalmente accesso. Nella nostra città siamo padroni di scelte ma l’arbitrio è libero soltanto in determinate stanze. E se i luoghi che dovrebbero appartenerci sono appannaggio di dinamiche urbane e sociali talvolta intoccabili, quello che ci resta è la curiosità, la ricerca, la scoperta.
Questo progetto è un piccolo racconto per immagini di tutto ciò che esiste, respira e si muove dall’altra parte.